La Corte di Cassazione, sezione II civile, con la sentenza 23 ottobre 2020, n. 23307 si è espressa in merito all’assorbimento, o meno, delle pattuizioni prese con il contratto preliminare nel successivo contratto definitivo ribadendo come l’unica fonte di diritti ed obblighi per le parti contraenti è il contratto definitivo che supera tutti i patti anteriori.
Nel caso di specie la controversia è scaturita dall’atto di citazione notificato da parte dell’acquirente alla società venditrice di un immobile, con il quale l’attore chiedeva fosse condannata quest’ultima per il ritardo nella consegna dell’immobile in ragione della clausola penale pattuita in sede di contratto preliminare.
Tale istanza veniva accolta in primo grado e la convenuta veniva condannata al pagamento di una penale prevista nel contratto preliminare ma non riportata sul definitivo.
La convenuta si appellava, tuttavia il gravame veniva dichiarato inammissibile ex art. 348 bis c.p.c. . e pertanto la controversia arrivava all’attenzione della Suprema Corte.
La ricorrente società venditrice in primo luogo contestava che la clausola penale contenuta nel contratto preliminare fosse stata ritenuta ingiustamente assorbita nel definitivo da parte del Giudice di prime cure.
Sosteneva infatti che fosse necessaria una espressa dichiarazione di rinuncia alla clausola penale da parte di chi ne aveva il diritto e non poteva dirsi tacitamente rinunciata per il solo fatto di non esser stata citata nel definitivo.
Il Tribunale a fondamento di tale decisione aveva citato un orientamento della Cassazione, di cui era espressione la la pronuncia n. 13262/2009 , che stabiliva una sorta di “immutabilità” della clausola penale nel tempo.
Eccepiva la ricorrente che tale orientamento minoritario era stato più volte superato dalla stessa Suprema Corte in numerose pronunce sia precedenti che successive alla pronuncia (cfr. Cass. N.ri 7206/1999, 8515/2003, 15585/07, 9063/2012, 7064/2016).
Pertanto la Corte con la recentissima pronuncia presa in esame , ha confermato l’orientamento maggioritario, ribadendo come l’unica fonte di diritti ed obblighi per le parti contraenti è il contratto definitivo che supera tutti i patti anteriori.
E’ quindi richiesta , secondo gli Ermellini, una esplicita manifestazione di volontà per mantenere in vita le clausole pattuite in sede di preliminare con il contratto definitivo.
I Giudici di legittimità hanno quindi delineato una sorta di presunzione di conformità del nuovo accordo alla volontà attuale delle parti.
Per vincere tale presunzione è necessaria la prova di un accordo stipulato contemporaneamente al definitivo, con cui i contraenti manifestino esplicitamente la volontà di mantenere in vita determinati diritti ed obblighi di cui al preliminare.
Qualora ciò non avvenga la fonte esclusiva di diritti ed obblighi delle parti è da individuarsi unicamente ed esclusivamente nel contratto definitivo.
La Suprema Corte ha così stabilito: “Nessuna penale può essere richiesta per la ritardata consegna dell'immobile da parte del costruttore, se la relativa clausola presente nel contratto preliminare non è stata riportata anche nel contratto definitivo. A chiarirlo è la Cassazione accogliendo il ricorso della società costruttrice, condannata a pagare dai giudici di merito circa 20 mila euro in favore dell'acquirente, ovvero 150 euro per ogni giorno di ritardo della consegna rispetto alla data inizialmente prevista. Per la Suprema corte però, essendo la clausola penale contenuta solo nel contratto preliminare e non anche nel contratto definitivo, essa non può applicarsi, posto che le pattuizioni contenute nel contratto preliminare devono ritenersi superate, inclusa la penale per la tardiva consegna dell'immobile, se non riprodotte nel definitivo.”(Cass. Civ. sez. II, 23/10/2020, n.23307).